di Sonia Angrisani.
Conclusa operazione della Polizia postale di Catania contro la pirateria audiovisiva, con l’esecuzione di numerose perquisizioni e sequestri in 23 province del nostro Paese.
Sono, invece, 70 le persone al momento indagate per associazione a delinquere a carattere transnazionale finalizzata alla diffusione di palinsesti televisivi ad accesso condizionato. Inoltre devono rispondere di un’altra serie di reati come il riciclaggio, trasferimento fraudolento di beni, sostituzione di persona, possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi, indebito utilizzo e falsificazione di strumenti di pagamento diversi dai contanti.
Le indagini, sviluppate dal costante monitoraggio della Rete finalizzato al contrasto del cybercrime, hanno permesso di scoprire l’esistenza di una associazione criminale organizzata in modo gerarchico secondo ruoli distinti e ben precisi (capo, vice capo, master, admin, tecnico, reseller), i cui capi erano distribuiti sul territorio nazionale (Catania, Roma, Napoli, Salerno e Trapani) e all’estero in Inghilterra, Germania e Tunisia. L’organizzazione era specializzata nella distribuzione ad un numero elevato di utenti, in ambito nazionale ed internazionale, di palinsesti live e contenuti on demand protetti da diritti televisivi, di proprietà delle più note piattaforme televisive, attraverso il sistema delle IPTV illegali.
I profitti accertati solamente nei mesi di indagine sono circa 10 milioni di euro, ma i danni per l’industria audiovisiva potrebbero ammontare ad oltre 30milioni di euro mensili considerato che l’operazione odierna ha fatto luce sul 70 per cento di streaming illegale nazionale pari a oltre 900 mila utenti.
Le prime investigazioni mettevano in luce la presenza su Telegram, in vari social network, in diversi siti di bot, canali, gruppi, account, forum, blog e profili che pubblicizzavano la vendita sul territorio nazionale, di accessi per lo streaming illegale di contenuti a pagamento tramite IPTV delle più note piattaforme.
Il gruppo ristretto dei capi si occupava di promuovere e dirigere l’associazione, di decidere i costi degli abbonamenti, le sospensioni del servizio e le modalità di distribuzione dei dispositivi e di coordinare i singoli operatori sul territorio nazionale.
Inoltre, al fine di eludere le investigazioni, gli indagati hanno fatto uso di applicazioni di messaggistica crittografata, identità fittizie e documenti falsi; quest’ultimi sono stati utilizzati anche per l’intestazione di utenze telefoniche, di carte di credito, di abbonamenti televisivi e noleggio di server.
Il flusso illegale delle IPTV è stato inibito agli utenti e nel corso delle perquisizioni è stato sequestrato numeroso materiale informatico e dispositivi illegali per le connessioni e le attività di diffusione dello streaming.
In questa fase l’indagine ha riguardato solo coloro che hanno rivestito i ruoli apicali dell’organizzazione nonché i rivenditori dei pacchetti tv (reseller), successivamente si procederà all’identificazione dei fruitori dei servizi illegali.