Il tema della Domenica
L’uomo ha ancora bisogno della storia di Abramo, anche se essa emerge da un antico arcano.
Soprattutto l’uomo frettoloso di oggi, che a fatica si ferma a guardare le stelle, e a dar credito a una
promessa, tanto generica, da sembrare insensata. Eppure quella storia è così genuina e la vicenda di
Abramo così paradossale, che anche l’uomo tecnologico è costretto a interrogarsi, perché anch’egli,
come Abramo, ha bisogno di sperare e di credere, di contare i giorni e attendere. Una storia
trasfigurata appartiene a ogni tempo, purché si sia disposti a tendere l’orecchio per ascoltare, senza
la pre-occupazione del cuore e la distrazione della mente
Lettura del Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo. Il Signore Gesù giunse a una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te». In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi? », o: «Di che cosa parli con lei?». La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». Uscirono dalla città e andavano da lui. Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite forse: “Ancora quattro mesi e poi viene la mietitura”? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica». Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».
«QUESTI È IL FIGLIO MIO, L’ELETTO; ASCOLTATELO!»
La trasfigurazione di Cristo ci invita a riflettere sul meraviglioso progetto di amore che Dio già aveva rivelato ad Abramo (I Lettura), stipulando con lui un patto di alleanza e di amicizia incondizionata. Un patto nel quale si cela un disegno, eterno e universale, che riguarda tutta l’umanità. È ciò che si compie in ciascuno di noi, quando riceviamo il battesimo e – dice san Paolo – veniamo liberati dal nostro “corpo di morte” (II Lettura) e “trasfigurati” nel Cristo. Di qui l’esortazione a imitare il Signore Gesù, nella fedeltà al Vangelo.
La scena grandiosa della trasfigurazione del Signore, davanti a pochi intimi, è inserita in una cornice di preghiera (Vangelo). Gesù, accompagnato da tre apostoli: Pietro, Giovanni e Giacomo, è salito su di un monte a pregare. D’improvviso è avvolto di luce: il suo volto cambia d’aspetto, è trasfigurato. Vedere ora il volto luminoso del Maestro, servirà a rassicurare i discepoli quando saranno gettati nella tristezza per la sua morte, che Gesù sta per annunciare loro. Nello splendore della scena, Gesù appare dialogare con Mosè ed Elia, i massimi esponenti dell’Antica Alleanza. Ma, da una nube, il Padre proclama la sua predilezione per il Figlio suo. D’ora in poi, lui “è” la Legge e i Profeti, l’inviato di Dio per salvare l’umanità. Verso di lui, che è “Parola di Dio”, è chiesta l’obbedienza della fede.