Su questa pietra edificherò la mia chiesa (Mt 16,13-20).
In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarea di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.
Commento al vangelo di domenica 27 agosto 2023 Mt. 16.13-20.
Eccoci a un tornante decisivo del Vangelo di Matteo, che in ogni caso si ritrova anche in Marco e in Luca. Fino a questo momento Gesù si è accontentato di percorrere la Galilea. Ora conduce i suoi discepoli molto a nord, a Cesarea di Filippo. Fra poco tornerà indietro e scenderà verso Gerusalemme, dove sarà crocifisso. Prima di intraprendere, però, questo percorso verso la morte, Gesù pone ai suoi una questione capitale, quella della sua identità. Gli evangelisti hanno sempre sottolineato lo stupore di quanti sono stati testimoni delle azioni e delle parole di Gesù. In Giovanni emerge la domanda: «Da dove viene?». Del resto nessuno ha mai compiuto opere simili alle sue. E come potrebbe un uomo fare tutto questo se non venisse da Dio? In Matteo, dopo la breve indagine su quel che pensa la gente, Simone fornisce subito la risposta che esprime una fede totale, netta, precisa. In effetti, se leggiamo attentamente il testo, nel suo dialogo con Gesù, ognuno si pronuncia sull’identità dell’altro. Gesù viene riconosciuto come «il Cristo, il Figlio del Dio vivente», ed è una formula sorprendente, quasi insostenibile: quest’uomo particolare, galileo, che per la legge è il figlio di Giuseppe e che Maria ha dato alla luce, quest’uomo che è vissuto per trent’anni in un paese sconosciuto come Nazareth, sarebbe la presenza di «colui che è», dovunque e da sempre, l’Altissimo? Anche Simone appare, comunque, con la sua identità, è «il figlio di Giona»; e tuttavia non è come tale che dichiara Gesù «Figlio di Dio». Non è «la carne e il sangue» che gliel’hanno rivelato, ma il Padre «che sta nei cieli». In effetti anche di lui ci viene detto qualcosa di inaspettato, e per bocca di Gesù: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa». Con un atto di fiducia inaudita Gesù lega la sua sorte, per così dire, a quella degli apostoli e dei loro successori e condivide con essi la sua autorità. Certo, il detentore di un tale potere non potrà rivendicarlo come se ne fosse lui stesso la sorgente. Si tratta di pura gratuità da parte di Dio ed esige che sia vissuta all’insegna dell’amore per il suo popolo. Si tratta di una scommessa bella e buona nei confronti dell’umanità, di cui inevitabilmente si accettano anche le insufficienze e le fragilità. La fede non abolisce né la vanità, né il gusto del potere. Gesù non sembra aver paura di tutto questo. Egli sa che la fede in lui può far superare qualsiasi limite e qualsiasi debolezza perché il suo amore trasforma la nostra esistenza. Lo stesso Pietro avrà modo di sperimentarlo.