In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”.
Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».
Riflessioni al Vangelo
Dopo la moltiplicazione dei pani e aver sfamato 5000 persone, Gesù si ritira verso Cafarnao, ma la folla lo cerca e lo trova, bisognosa di avere ancora quel “cibo di sicurezza”. Noi siamo schiavi delle cose, sottomessi ad esse per ottenere sempre di più. Siamo convinti che questo modo di fare,
anche tra genitori e figli e viceversa, sia un atteggiamento buono. Ne consegue, quindi, che ci pensiamo indispensabili l’uno all’altro e viviamo queste relazioni con la convinzione che queste siano la croce che il Signore ci ha dato da portare, mentre invece è la schiavitù in cui si è arenato il nostro cuore. Gesù ci dice: “datevi da fare non per il cibo che non dura”. Il nostro quotidiano è tutto un continuo darci da fare. Siamo sempre indaffarati per avere molto “pane”, per avere “cibo” abbondante. Lavoriamo, costruiamo, accumuliamo per poi accorgerci che tutto questo non merita l’investimento di una vita, perché non rimane nulla, tutto questo non dura. Gesù ci dice che non è importante ciò che facciamo noi, ma innanzitutto ciò che fa Dio per noi! A questo siamo chiamati a credere. Cercare Gesù, come qualsiasi persona che noi diciamo di amare, perché abbiamo ottenuto qualcosa, perché “avete mangiato di quei pani e vi siete saziati”, è cosa impoverente che uccide ogni verità di relazione libera e amante. Rischiamo infatti, di cercare sempre più i doni e non Lui come dono. Mangiare il Pane che ci viene donato senza cogliere che è frutto del suo amore, è la vera dinamica nefasta che ci avvolge continuamente. Ciò che rimane essenziale è cogliere sì il Pane, ma soprattutto il Pane come dono di amore e di vita. È tempo di riconoscere che Lui è Dio che si è fatto carne e, grazie alla carne, noi possiamo incontrarci. Questa è la realtà quotidiana che ci offre Gesù, Lui che ritiene bella per l’uomo solo l’accoglienza del dono.
Questa è cosa ancora più essenziale perché è dinamica di fede. Non siamo chiamati a credere in un Dio onnipotente che soddisfi i nostri bisogni. Non vuole che noi dipendiamo da Lui, vuole che noi siamo autonomi nell’accogliere il “pane della vita”, Lui donato e incarnato. Accorgerci che i nostri bisogni, sono frutto del vivere in modo esteriore, in modo superficiale, è via di libertà e di vita vera. Lui, Gesù, è vero Pane che non chiede relazioni di dipendenza o di concorrenza. Lui è il vero Pane semplicemente
perché ama realmente e ci guida al Padre che si manifesta nel profondo del nostro cuore. Affidarci al suo Amore è non vivere di schiavitù e dipendenza, ma di vita vera.